La prima volta che è entrato a San Siro per incontrare i Cresimandi, il Cardinale Angelo Scola era accanto a Benedetto XVI nella sua visita per Family 2012.
L’ultima volta da Arcivescovo di Milano al Meazza, con i ragazzi della Cresima, in questo 2017, lo abbiamo ritrovato ancora accanto al Papa, questa volta Francesco. Tutte e due le volte lo abbiamo visto visibilmente commosso, a tratti con le lacrime agli occhi.
Lo aveva confidato ai giovani ambrosiani alla GMG di Madrid nel 2011, prima del suo ingresso in diocesi: «Io nella mia vita ho pianto raramente, quasi mai. Invece adesso succede che mi commuovo. Questo vuol dire che sono diventato vecchio… ma io voglio restare col cuore giovane e per questo ho bisogno di voi».
Questo tratto emotivo del Cardinale non sempre è emerso nella sua evidenza, in questi anni del suo episcopato milanese, ma ha sempre fatto da sottofondo ad ogni suo incontro, soprattutto a contatto con i ragazzi e i giovani. Con loro, Angelo Scola si è spesso definito un «nonno», o un «bisnonno» con i più piccoli, incontrando ad esempio i partecipanti all’Oratorio estivo, e, come tale, ha svolto quello che i nonni spesso fanno: ha cercato di trasmettere la «saggezza della vita», ripetendo le parole che contano, usando anche il tono deciso, per dire ciò che è importante e vale sopra tutto il resto.
È per questo che più volte ha invitato gli adolescenti e i giovani a guardare al «per Chi» ci si prende un impegno o si è «presi al servizio» nella comunità cristiana e ad avere il coraggio di recepire il «per sempre» come la meta di ogni scelta.
Come Pastore, anche alle giovani generazioni ha indicato in questi anni il cammino, andando all’essenziale e quindi all’incontro con il Signore Gesù, con uno sguardo sempre rivolto alla complessità del reale che ci impegna a divulgare una cultura che sia fondata sulla carità.
È così che il nostro Arcivescovo ci ha chiesto di camminare avendo come obiettivo niente di meno che il «compimento», cioè la «felicità».
Agli educatori ha chiesto di vivere una profonda comunione come «antidoto» alla vita fatta di «frammenti» e priva di unità che rischia di contagiare sia i ragazzi sia lo stesso rapporto educativo.
La «comunità educante» è un’intuizione profetica che sentiamo di accogliere come eredità e come sfida, insieme al primato della relazione sulla programmazione e della ricerca del senso e della direzione rispetto alla logica del fare.
Diciamo il nostro grazie a Sua Eminenza il Cardinale Angelo Scola per i suoi sei anni di episcopato in mezzo a noi. Gli siamo grati per averci chiesto ogni volta di metterci in gioco in prima persona, di stare insieme in una comunione che ha come modello l’Eucaristia, di assumere il «pensiero di Cristo» come il criterio che possa plasmare ogni nostro pensiero e ogni nostra azione. Grazie Eminenza!