9. L’oratorio è per tutti, ma non è tutto.

Continua la pubblicazione dei commenti per ogni articolo del Decalogo per gli oratori scritto dall'Arcivescovo Mario Delpini e presentato all'inizio dell'anno oratoriano 2018/2019. La riflessione su questi articoli, punto per punto, può continuare ad accompagnare il percorso ORATORIO 2020.
Stefano

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Dal Decalogo per gli oratori dell’Arcivescovo Mario Delpini


9. L’oratorio è per tutti, ma non è tutto. In oratorio si favorisce il convergere di tutte le forme di attenzione educativa presenti nel territorio: i gruppi cristiani, la scuola, le associazioni sportive, i gruppi culturali, musicali, teatrali, per l’unità nella pluralità.

L’oratorio, per molti dei decenni che separano i tempi attuali dalla fine della seconda guerra mondiale, è stato un elemento costitutivo dei territori, una parte del paesaggio che contribuiva a definirlo, a dargli una forma, un carattere. E lo stesso può dirsi per le persone che ne hanno vissuto intensamente l’esperienza: l’oratorio non è stato un assemblaggio di episodi, ma qualcosa che ha contribuito organicamente a disegnare le loro storie di vita.

L’oratorio è talmente entrato nell’immaginario collettivo che parrebbe scontato il suo esserci, e esserci in un certo modo. Ma oggi, a differenza del passato, non è più un’esperienza scontata. Nei territori, nelle storie di vita delle persone che lo vivono occasionalmente o continuativamente, nei quartieri problematici quanto in quelli che non paiono esserlo, l’oratorio deve continuativamente confermare se stesso, non può vivere di rendita appellandosi a un glorioso passato o a uno speranzoso futuro.

Deve fare tutto ciò non solo per preservare la sua vocazione originaria, lo deve fare perché è investito di una responsabilità sociale tanto importante quanto complessa: l’oratorio, infatti, costituisce oggi uno dei pochi luoghi territoriali dove sperimentare relazioni significative in cui l’altro non è per definizione e a priori un nemico o un avversario o un’assenza e, di questi tempi, ciò è della massima importanza. E lo è anche perché i territori si stanno invece progressivamente svuotando di luoghi e tempi di socialità, di progetti comuni, di imprese collettive, mentre contemporaneamente aumentano problemi e bisogni culturali, educativi, relazionali, così come si moltiplicano dimensioni e storie differenziate di marginalità e fragilità.

L’oratorio dunque si colloca e agisce in territori sempre più complessi dal punto di vista educativo, e si inserisce in un sistema che presenta livelli differenziati di coordinamento e qualità dei rapporti tra soggetti individuali e collettivi che ne fanno parte. Ma nel territorio, oltre alle esperienze educative tradizionali riconosciute e riconoscibili (scuola, famiglia, associazionismo, biblioteche, sport ecc.), che sono caratterizzate da intenzionalità e ufficialità, ve ne sono molte altre che sono negativamente educative pur senza apparente o reale intenzionalità: l’isolamento sociale, le tensioni tra i gruppi di popolazione, i luoghi dove le persone sono invitate a pensarsi consumatori e come tali agire, la “assenza-presenza” del web. Per l’oratorio che si pone come soggetto educativo attivo in un territorio, significa attraversare ed essere attraversato quindi da ogni altra esperienza educativa, da quelle più tranquillizzanti a quelle più inquietanti, da quelle virtuose come da quelle che virtuose non sono affatto. Non è facile ma alternative non esistono, se si vuole continuare a essere parte integrante dei territori reali.

Dal Decalogo per gli oratori dell’Arcivescovo Mario Delpini


8. L’oratorio è scuola di verità: tu non sei tutto, tu non sei il centro del mondo, tu non sei fatto per morire, tu non vivi solo per te stesso.

Famiglia e scuola sono da sempre i due ambienti educativi principali in cui le giovani generazioni sono chiamate a crescere e a maturare in un percorso formativo integrale che sia funzionale a strutturare, consolidare e rafforzare la virtù morale di ogni bambino, ragazzo e giovane adulto, perché egli possa pienamente realizzare la vocazione di vita a cui è stato chiamato. 

Laddove oggi lo stile di vita delle famiglie, i legami sociali, i contesti culturali e socio-economici si sono profondamente modificati e lo spazio virtuale ha spesso sostituito l’ambiente relazionale educativo, famiglia e scuola da sole non possono più assolvere in maniera esaustiva e in via esclusiva al compito educativo a loro primariamente affidato. 

Per questo l’oratorio è scuola, perché è chiamato ad affiancare, sostenere ed accompagnare le agenzie educative primarie ad assolvere insieme alla sfida educativa che viviamo nel nostro tempo, non un mero servizio di accompagnamento scolastico o una qualche forma di assistenzialismo ma una vera e propria scuola di verità, per educare nella verità e alla verità. 

«Ai giorni nostri, dire il vero è divenuto sospetto, voler vivere nella verità sembra superato e promuoverla sembra essere uno sforzo vano. Eppure il futuro dell’umanità si trova anche nel rapporto dei bambini e dei giovani con la verità: la verità sull’uomo, la verità sul creato, la verità sulle istituzioni, e così via. Oltre all’educazione alla rettitudine del cuore e della mente, i giovani hanno pure bisogno, oggi più che mai, di essere educati al senso dello sforzo e della perseveranza nelle difficoltà. Occorre insegnare loro che ogni atto che la persona umana compie deve essere responsabile e coerente con il suo desiderio d’infinito, e che tale atto accompagna la sua crescita in vista della formazione a un’umanità sempre più fraterna e libera da tentazioni individualiste e materialiste.» (Papa Benedetto XVI, 13 dicembre 2012).

L’oratorio è scuola di verità nella misura in cui, fedele alla propria identità e alla vocazione territoriale che è chiamato a incarnare, in virtù della missione ricevuta dalla sua Chiesa locale, accompagna bambini, ragazzi e giovani adulti a conoscere, amare e vivere la verità come stile di vita.

Se sempre più spesso accade che la fragilità del nostro contesto di vita, più virtuale che relazionale, ci spinge all’egoismo, alla sterilità affettiva e relazionale, alla chiusura al mondo, l’oratorio ci aiuta a decentrarci da noi stessi, ad uscire verso l’altro, a distogliere lo sguardo dal nostro piccolo ego, esercitando la libertà del donarsi, accogliendo chi è diverso da noi, dalle nostre aspettative, dai nostri falsi canoni di benessere. 

Essere a servizio degli altri in oratorio è un continuo esercizio di semplificazione e crescita, di decontaminazione dallo “smog” della realtà virtuale a cui siamo assuefatti e rafforzamento di una virtù morale forte e matura che si realizza nel dono di sé all’altro. 

Incontrando gli altri mettiamo sempre in discussione la nostra autoreferenzialità e, in questa dinamica relazionale, impariamo a vivere la condivisione e la comunione non come qualcosa che ci viene imposto e che ci toglie del nostro, ma come una sapiente via per crescere da uomini liberi. 

Alla scuola dell’oratorio, nelle esperienze che si possono vivere insieme, nella quotidianità di un gesto semplice, nella relazione educativa positiva instaurata in seno alla comunità educante, conosciamo noi stessi alla luce della verità e da essa impariamo la libertà di vivere la nostra vocazione in pienezza, qualunque essa sia. 

L’oratorio è quindi una scuola in cui si insegna a vivere con uno sguardo libero sulla vita, sul tempo, sullo spazio, su noi stessi e sugli altri, una palestra di prossimità in cui, nella relazione con l’altro, esercitare la Verità che abbiamo ricercato e trovato in Dio, per compiere pienamente il nostro cammino da uomini. Vivere per se stessi significa morire per se stessi ma l’uomo è un essere nato da una relazione e chiamato a vivere la relazione come vocazione piena, nello Spirito di Amore che procede dal Padre e dal Figlio.

La Verità è prossimità, la Verità è fraternità, la Verità è responsabilità: l’oratorio è una via per incontrare la Verità e compiere il proprio cammino di crescita da bambini ad adulti responsabili della Verità e nella Verità.

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